lunedì 2 novembre 2009

Ho Chi Min City (Saigon)

Ho Chi Min city, la grande città. Traffico, smog, motorini ovunque. Nessuno la chiama con il suo nome attuale, la gente del posto continua a chiamarla Saigon...forse dopo la sconfitta del Vietnam del Sud inflitta dai vietcong è difficile adottare un nome imposto da loro. Facciamo un giro in centro, camminiamo tra le bancarelle del bentham market dove si può comprare di tutto e poi ci dirigiamo al municipio. Davanti alla facciata principale si erge la statua di Ho Chi Min e sventola una bandiera del Vietnam. L'intera città è cosparsa di manifesti di propaganda comunista che ritraggono famiglie contadine, giovani con il pugno alzato. Scattiamo alcune foto all'Opera House e poi compriamo il biglietto per visitare il palazzo dell'indipendenza, conservato com'era quarant'anni fa quando nel giorno della riunificazione del Vietnam. Sotto il consueto diluvio di fine pomeriggio ci dirigiamo al War Remnants Museum, una mostra di prove fotografiche e non davvero raccapricciante sulla guerra e le sue conseguenze sul popolo. Concludiamo la giornata al Dragon Theatre con uno spettacolo di marionette in acqua, un'arte vietnamita antichissima. Sembra che il water puppet show abbia avuto origine grazie alla perseveranza di alcuni burrattinai che continuarono a esibirsi nonostante le forti piogge e le conseguenti alluvioni. Le marionette rappresentano storie tratte dalle leggende vietnamite e vengono manovrate da persone immerse in acqua e nascoste dietro ad un telone.
Il giorno seguente ci uniamo ad un tour che ci porta fuori città, prima tappa (non dichiarata al momento della prenotazione) una fabbrica d'artigianato dove lavorano i disabili. Migliaia di oggetti vengono dipinti con colori accesi o dorati, ma a colpo d'occhio la maggior parte dei lavoratori non è disabile come ci era stato annunciato; ovviamente la visita al negozio annesso è d'obbligo!
Risaliamo sul bus che ci porta al tempio Kao Dao, una religione mista che comprende fondamenti di varie religioni come il buddismo, il cristianesimo, l'islam, l'induismo. Nel tempio dai colori vivaci si svolgono quattro funzioni al giorno, mattino, sera, pomeriggio e notte: i più devoti assistono a tutte quante. I fedeli, vestiti di bianco, entrano nel tempio e si dispongono in modo ordinato sul pavimento. Ci sono anche degli uomini che indossano tuniche colorate, gialle, blu, rosse, a seconda del livello raggiunto per la loro religione. Un tempo c'era anche una specie di papa ma, dopo la sua morte avvenuta mentre fuggiva in Cambogia, nessun devoto è stato ritenuto degno di occupare tale posizione: le sedie destinate al “papa” e ai suoi collaboratori rimangono vuote durante la funzione. Ogni cinque anni i fedeli avanzano sulla scacchiera del pavimento del tempio che simboleggia anch'essa la vicinanza a Dio, all'illuminazione, ma solo gli uomini cambiano il colore dell'abito. In Vietnam, i devoti del Kao Dao ammontano a 40.000.
Proseguiamo il viaggio nelle campagne circostanti Saigon dove si susseguono distese di campi di alberi della gomma e arriviamo ai tunnel di Cu Chi, gestiti al giorno d'oggi dall'esercito. La nostra guida, palesemente dalla parte del Vietnam del Sud durante la guerra, visto che lavorava per gli americani, ci esorta a non fare donazioni all'esercito, ma di limitarci a pagare l'ingresso. I tunnel sono vari, alcuni lunghissimi, altri ormai crollati. Sono stati costruiti dai vietcong per nascondersi in caso di bombardamenti e si sono ampliati notevolmente fino a diventare vere e proprie città sotterranee. Ci è permesso entrare in un canale che ci sembra strettissimo, ma è già stato ampliato del doppio rispetto alla misura originale per la gioia dei turisti sovrappeso. Percorriamo il tunnel per pochi metri e già ci manca l'aria: pensare che i vietcong passavano anche giorni nascosti sottoterra. Ci vengono mostrate varie trappole rudimentali con cui i vietcong adescavano i soldati americani ed un filmato/documentario sulla guerra.

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